Medicina

Epilessia, se è il pregiudizio a far male.

Il termine epilessia deriva dal greco “Epilambanein”, che significa essere colti di sorpresa, essere sopraffatti, e indica una mutabilità di reazioni del Sistema Nervoso Centrale a vari stimoli.

L’epilessia riguarda lo 0.7% della popolazione globale, si può ritenere che nella regione Campania risiedano circa 4250 persone chene sono affette.

L’epilessia si manifesta con le crisi, crisi epilettiche appunto, di natura motorio-convulsiva e si accompagnano a una compromissione dello stato di coscienza.

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L’interruzione della continuità percettiva, che di per sé causa precarietà e malessere nel soggetto.

 

Ne parliamo con il Dirigente Medico Antonio Guizzaro

Neurologo del Centro per l’epilessia Policlinico Università Luigi Vanvitelli

 

Perché l’epilettico vive una condizione sociale difficile? Vergogna e pregiudizio ancora riguardano questa patologia?

 

Il soggetto con epilessia vive una condizione psicologica di difficoltà. Essa è legata alla natura stessa della malattia.

Il paziente vive con una sensazione di incombenza e la possibilità di nuovi accessi e questo è un elemento perturbante della qualità della vita.

E non mancano le problematiche sociali: dalle limitazioni alla pratica sportiva e alla guida di autoveicoli all’impedimento di attività lavorative a rischio. Per non dire della sopravvivenza di antichi pregiudizi, purtroppo non ancora del tutto sradicati, che attribuivano all’epilessia una natura soprannaturale e che tuttora rappresentano uno stigma di diversità e una causa potenziale di marginalità sociale.

 

L’epilessia è una malattia neurologica che si esprime in forme molto diverse, per cui è più corretto parlare di epilessie….

È importante distinguere le epilessie idiopatiche, in cui non vi è lesione strutturale a carico dell’encefalo e le crisi sono l’unico sintomo di malattia; e le epilessie sintomatiche, dovute a un documentato danno cerebrale, in cui le crisi si associano ad altri sintomi e segni deficitari; si definiscono criptogeniche le forme in cui è postulata, ma non dimostrata una causa organica.

Parliamo delle terapie

La terapia delle epilessie ha lo scopo di sopprimere l’occorrenza delle crisi o, in subordine, di ridurne la frequenza e la gravità. In effetti questo obbiettivo è raggiunto in circa i due terzi dei casi; in un terzo le crisi persistono, malgrado l’impiego anche appropriato di politerapie farmacologiche. Sono i casi che definiamo refrattari o farmacoresistenti. In questi casi, laddove vi sia una elevata frequenza delle crisi e dunque una compromissione della qualità della vita dei pazienti, è possibile ipotizzare alternative terapeutiche, quali quella chirurgica (praticabile solo in casi selezionati), o la stimolazione vagale o la dieta chetogena, effettuata in particolare in encefalopatie epilettiche dell’infanzia.

 

 

È necessario attivare una rete di interventi nel caso del soggetto con epilessia, in vista della complessità anche sociale e psicologica che la malattia determina?

L’approccio al soggetto affetto da un’epilessia non si limita alla semplice diagnosi e alla prescrizione di una cura. È infatti necessario seguire con attenzione i possibili effetti indesiderati dei farmaci, che possono essere prevenuti, neutralizzati, o minimizzati; tener conto, nelle pazienti donne, di possibili effetti sul ciclo mestruale o, in caso di gravidanza, sul prodotto del concepimento; prescrivere la terapia anche in base all’età, al profilo di personalità, a eventuali altre concomitanti patologie e alle relative terapie in corso. Può dunque dirsi che la terapia dell’epilessia è una terapia personalizzata; e che occorre, per questi pazienti, una presa in carico globale, che affronti, in un’alleanza terapeutica tra paziente e medico, tutte le problematiche di ordine clinico, psicologico e sociale che questa condizione patologica comporta

 

La ricerca

La ricerca attuale sulle epilessie si incentra su tre principali filoni.

In primo luogo le indagini neuroradiologiche: la tecnica di risonanza magnetica funzionale ha consentito di individuare, per alcune forme, i circuiti cerebrali interessati alla abnorme ipereccitabilità che genera le crisi: l’individuazione di definiti network neuronali getta le basi per una nuova classificazione di epilessie di sistema.

In secondo luogo le ricerche genetiche identificano precise alterazioni del patrimonio genetico correlate con diverse forme cliniche.

Infine si ricercano nuovi farmaci, che attraverso i meccanismi già noti o con profili di azione farmacologica innovativi possano migliorare la risposta terapeutica.

 

 

 

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