“Era sensibile e intelligente ma impetuosa e ardente incapace di moderarsi” così scrive Jane Austen nel suo “Sense and Sensibility” tradotto in “Ragione e sentimento”, romanzo di fine ‘700.
L’importanza delle emozioni è il nucleo concettuale individuato da Daniel Goleman nel suo “Intelligenza emotiva” “una necessità – scrive – di prendere molto seriamente le emozioni” in un percorso di autoconsapevolezza e di controllo delle emozioni negative.
Equilibrio tra ciò che pensiamo e ciò che proviamo è una sintesi necessaria per sviluppare forme di empatia e collaborazione efficaci e funzionali al mondo del lavoro e prima, della formazione scolastica e universitaria. L’intelligenza emotiva, allora, come la fondamentale capacità di unire pensiero ed emozione per prendere decisioni. Significa essere intelligenti con le emozioni.
Nel nostro Paese vige per lo più un paradigma che segue i dettami della logica, come conferma un’indagine di Six Second, per cui l’Italia risulta al di sotto della media internazionale.
In pratica, in Italia, si tende a considerare le emozioni come una sorta di interferenza in ambito decisionale, come se la logica fosse lo strumento unico e basilare per prendere decisioni.
Eppure la scienza ci dice che non è affatto così.
All’interno dei programmi di promozione della salute mentale nelle scuole, il Dipartimento di Salute Mentale di Campobasso, ASReM 2 Istituto Superiore di Sanità di Roma hanno effettuato una valutazione di alcune dimensioni di intelligenza emotiva attraverso strumenti di autovalutazione, fra i loro obiettivi: il miglioramento dell’intelligenza emotiva.
La neuroscienziata Mary Helen Immordino- Yang, in un’intervista al “New York Times” ha dichiarato “è letteralmente impossibile, a livello neurobiologico, riflettere approfonditamente su una cosa di cui non ci importa.”
La promozione, cioè, di nuovi modelli e strumenti educativi che sviluppino interesse, empatia e comunicazione scalzando fuori, finalmente, vecchi modelli competitivi e gerarchici all’interno delle classi scolastiche. Partire, allora, dal modo in cui si progetta la valutazione dell’apprendimento.
I test, le verifiche, le interrogazioni esistono proprio per venire a patti con questo problema di attenzione.
Il World Economic Forum ha posto l’intelligenza emotiva tra le prime 10 competenze richieste nel mondo del lavoro.
Non si tratta di una competenza innata ma di qualcosa che necessita allenamento, fondamentale, quindi, sarebbe partire proprio dall’istruzione scolastica.
L’emergenza sanitario- sociale che vive l’Italia oggi può essere superata soltanto sviluppando nuove capacità cooperative, nuovi modelli empatici di collaborazione, come scriveva Goleman:
“Armonizzare emozione e pensiero” è la strada per una società composta da individui più consapevoli.