Per vertigini, in ambito medico, intendiamo uno spiacevole disturbo che si caratterizza per una sensazione illusoria di movimento.
Questa sensazione di movimento da fermi, si manifesta con brevi crisi ma intense, durano all’incirca 10 secondi, scatenate da piccole rotazioni della testa, quando si cambia posizione a letto oppure quando flettiamo il capo per allacciarci le scarpe.
Le vertigini derivano da un’elaborazione alterata di ciò che riguarda lo schema corporeo in relazione allo spazio che ci circonda.
Queste possono manifestarsi a causa di un disturbo che risiede a livello dei recettori periferici, in altre parole, la sede di raccolta delle informazioni sensoriali dalla periferia del corpo, come il labirinto, organo dell’orecchio interno; oppure per una interpretazione sbagliata a livello del sistema nervoso centrale di queste informazioni.
Così come spiega sul sito del CNR la ricercatrice dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare, Fabiana Novellino.
La ricercatrice, appunto, spiega come in realtà le vertigini non siano una malattia di per sé, ma piuttosto un sintomo che può essere causato da condizioni cliniche molto diverse fra loro.
“Si tratta di un disturbo relativamente frequente nella popolazione che, con diversa gravità in base alla patologia che ne è la causa, può presentarsi in modo differente, sia per quel che riguarda la modalità di insorgenza che l’intensità e il protrarsi nel tempo”, prosegue Novellino.
“Le vertigini possono essere un sintomo legato a patologie otorinolaringoiatriche – dalla vertigine posizionale benigna alla labirintite, alla malattia di Ménière, oppure espressione di patologie neurologiche – malattie cerebro-vascolari, traumi cranio-cervicali, cefalea, o ancora un effetto collaterale di alcuni farmaci.
In genere si accompagnano ad altri sintomi, frequentemente di tipo neurovegetativo (nausea, vomito e tachicardia), e, a seconda della patologia che ne è alla base, a disturbi di tipo otologico (ipoacusia, acufeni) e di tipo neurologico focale, come diplopia, disequilibrio o cefalea”.
Nel linguaggio comune, quel che definiamo vertigini, si riferisce a una difficoltà nel sostare ad altezze più o meno elevate.
Si tratta, in questo caso, di una paura più che di un disturbo vero e proprio, che in alcuni casi, si accompagna a sintomi fisici quali capogiro e tachicardia.
In caso di vertigini, e non di paura dell’altezza, bisognerà proseguire con un esame vestibolare per cui lo specialista potrà orientarsi e valutare la necessità di approfondimenti.
Le cure dipendono dalla causa e vanno da specifiche manovre in caso di vertigine parossistica posizionale benigna, farmaci (malattia di Ménière, neurite vestibolare, vertigine emicranica), rieducazione vestibolare e, nei casi estremi di malattia di Ménière, iniezione attraverso il timpano di antibiotici, per mettere a riposo il labirinto malato, o chirurgia.
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