Società e Cultura

Porcospini digitali: vivere e mai morire online

La tanatologia contemporanea avanza verso il tema della digital death come sfera e visione collettiva di rilievo.

L’onlife, la nostra vita online che si è fusa con quella reale, pone nuove argomentazioni filosofiche su una possibile mediazione tra reale e virtuale e non solo.

Il filosofo Giovanni Reale in un piccolo saggio “L’uomo non si accorge più di morire” tracciava un qualche confine e conseguente travalico di quella che veniva considerata la “vita artificiale” in relazione al prolungamento della vita attraverso le macchine.

Da un altro emisfero concettuale muove il libro dello studioso Davide Sisto, che nel suo ultimo scritto Porcospini digitali offre una serie di argomentazioni e contenuti riflessivi sul senso della vita trasposta nel Web e la sua (mancata) fine.

L’autore non parla di quella che potremmo definire una sovrapposizione di realtà antitetiche, bensì di una commistione reale di virtuale e fisico in una sorta di processo di ibridazione.

Porcospini digitali

Porcospini digitali parte dalla nota metafora del filosofo Schopenhauer, per cui alcuni porcospini sono spinti dal freddo alla loro stretta vicinanza, ma gli aculei li allontanano per il dolore che provocano, fino allo stabilire una distanza adeguata all’evitamento del dolore e alla ricerca del tepore, per non morire assiderati.

I processi di personalizzazione tecnologica plasmano il mondo onlife, scrive Sisto in Porcospini digitali, in una serie di meccanismi che interiorizzano la molteplicità di informazioni personali offerti dai Social, dal Web, dalla vita online.

E se Remo Bodei, nel saggio “L’epoca dell’antidestino” rimarcava la solitudine della fine della vita contemporanea, confrontata con la morte degli antichi che avveniva con i cari e gli amici, oggi Davide Sisto ripropone in chiave virtuale la nostra sopravvivenza eterna online.

Questa sorta di trascendenza che si lega a concetti quali la riproducibilità e a un meccanismo di autoinganno collettivo che ci lega al profilo di un defunto, nell’illusione di una continuità relazionale post mortem.

In questa moltiplicazione del possibile, trova spazio la condivisione massiccia di contenuti: “Nel corso del 2020- scrive Sisto in Porcospini digitali- un anno segnato dal distanziamento fisico, ogni 60 secondi sono state condivise 150.000 immagini fotografiche su Facebook e quasi 350.000 storie su Instagram”.

Una nuova mitomania?

Porcospini digitali di Davide Sisto, in realtà si occupa di mostrare una nuova complessità: la presenza e la riproducibilità degli eventi rendono tutte le nostre esperienze a posteriori, esistono anche senza di noi e dopo di noi.

Un universo quasi spettrale che deve considerare più fattori tra cui emerge il ricordo: l’ossessivo legame con il ricordare che assottiglia il confine tra vita e morte, in un attaccamento che tenta di rimuovere il concetto di fine di vita

Come scrivevano i filosofi classici, eternità è plenitudo vitae, pienezza di vita, che può anche durare un attimo.

Il nostro desiderio è, allora, avere una vita piena e rimane l’inconcepibile speranza di un’altra vita, che come scriveva ancora Remo Bodei: “Penso sia il massimo che si può concedere alla ragione”.

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