È probabilmente un laboratorio attivo l’architettura bio in Italia, vitale e creativo, ma riesce a varcare i confini delle aule universitarie?
In vista del “Green Blue Day” kermesse italiana dedicata al tema della sostenibilità che guarda al Sud che si svolgerà a settembre a Napoli, abbiamo sentito il parere dell’Arch. Antonio Di Maro, titolare dell’omonimo studio “Antonio di Maro & partners architetti” sullo stato dell’arte della bio architettura italiana.
Antonio Di Maro ha perfezionato, dopo la laurea, la progettazione sostenibile, la connessione architettura e natura.
“Il “pensiero verde” e la natura sono gli elementi generatori del progetto, che si rivelano attraverso l’uso controllato della luce e la sperimentazione di nuovi materiali” scrive l’architetto.
È il 1973, in Germania la nascita dei movimenti ecologisti conseguenti alla crisi climatica vede seppur ai suoi albori, quella che oggi chiamiamo bioarchitettura, una concezione bioclimatica dell’architettura. A che punto siamo oggi?
Arch. Di Maro: “È evidente che dagli anni ’70 ci sia stato un progresso, grazie al movimento degli ecologisti e al lavoro degli architetti. Tuttavia nonostante di opere ne contiamo poche, è importante il messaggio della bio architettura, semplice nella sostanza.
Oggi grandi nomi dell’architettura internazionale e studi più piccoli come il mio, hanno la possibilità di realizzare edifici e/o interni con una propensione a impatto zero.
Il vero principio fondante, è far arrivare il messaggio alla gente comune, agli imprenditori, far uscire il messaggio dall’Accademia e dagli addetti ai lavori.
Se è vero che il tema della bioarchitettura è oggi di dominio pubblico, d’altro canto il passo importante dell’oggi sarebbe arrivare all’uso sapiente delle tecniche e un’adeguata consapevolezza dei singoli sistemi della bioarchitettura su localizzate zone climatiche.
Boeri e Ugo Sasso sono esempi di architetti bio in Italia, edificare in una visione più ampia di convivenza con la natura. Ci sono esempi, anche meno noti, di progetti italiani in questo senso? Quali?
Arch. Di Maro: “Due nomi – simbolo che ci aprono a un mondo.
Cito l’architetto torinese, caro amico, Luciano Pia che a Torino ha realizzato “Verde 25”, dove le logiche di architettura passiva sono sapientemente innescate.
Anche la scelta delle piante adeguate in rispetto del clima locale e dell’ambiente hanno trovato un uso cosciente.
Il vero risultato, a mio avviso, si ha quando assistiamo ad alcuni grandi nomi che svolgono un ruolo di apripista, ma che riescono a dare il via a un filone teorico in attività.
Nel dettaglio del mio studio, sto realizzando in Abruzzo un edificio, un complesso immobiliare di 24 appartamenti con un’azienda italo- austriaca, si tratta di un parco attrezzato a impatto zero, cioè produce energia da fonti alternative, resiste alla dispersione termica il più possibile, e utilizza la ventilazione naturale per la frescura estiva”.
Isabella Goldmann scrive dieci anni fa il libro Architettura sostenibile concentrandosi sui temi della bioarchitettura in ambito interior.
Cosa ci può dire sulla possibile congruenza architettura eco e benessere?
Arch. Di Maro: “Benessere e architettura eco sono figli della stessa madre, interdipendenti.
Una logica che ci viene tramandata dal passato e che si è dispersa nel tempo.
Dal dopoguerra in poi, le logiche di architettura passiva si sono, appunto, disperse in opere di “palazzinari” …
Posso parlare, ancora guardando al passato, al trullo pugliese; aveva grandi schermature termiche e utilizzava la logica dell’“effetto camino, un complessivo uso sapiente della geografia, delle caratteristiche climatiche del posto con risposte conseguenti adeguate.
Insomma se guardiamo al passato e riproponiamo antiche logiche, possiamo notare che in materia di comfort bioclimatico di interni le novità sono poche.
Lavoro molto sul raffrescamento naturale, anche proprio per le mie abitazioni, qualcosa forse di difficile da spiegare ma molto semplice nella sua pratica”.
Guarda la video intervista all’architetto Marichela Sepe: Le città del futuro. Ripensare gli spazi pubblici