Roberto Andò torna dietro la macchina da presa con L’abbaglio, un film che esplora l’epopea garibaldina attraverso uno sguardo profondamente umano, oscillando tra idealismo e disillusione. Dopo il successo de La stranezza, il regista siciliano ripropone un’opera che mescola riflessione storica e narrativa popolare, affidandosi nuovamente alla collaborazione con Ficarra e Picone per la vena leggera e a Toni Servillo per il contrappunto drammatico. Ambientato nel cuore della spedizione dei Mille, il film si concentra sugli eventi che coinvolsero la Sicilia, intrecciando la grande storia nazionale con le vicende personali di personaggi immaginari e carismatici.
Sostenuto da una produzione ambiziosa e da un cast di talento, L’abbaglio si propone di rivisitare un momento cruciale della nostra identità collettiva, sollevando interrogativi sul prezzo del progresso e sul valore dell’unità nazionale. È un racconto che, pur partendo dall’entusiasmo risorgimentale, mette a nudo le contraddizioni di un’impresa che non ha saputo includere tutti gli italiani nel sogno di una nuova patria.
Nel 1860, Giuseppe Garibaldi prepara la spedizione dei Mille, con l’obiettivo di liberare il Sud Italia dal dominio borbonico. Tra i protagonisti della vicenda c’è Vincenzo Orsini (Toni Servillo), un tenente colonnello siciliano dal passato controverso: ex ufficiale borbonico, ora guida le camicie rosse con rigore e idealismo. Lungo il percorso, si uniscono all’impresa due personaggi apparentemente inadatti: Domenico Tricò (Salvatore Ficarra), un contadino zoppo, e Rosario Spitale (Valentino Picone), un baro.
La loro avventura comincia con la fuga durante lo sbarco a Marsala, un atto di vigliaccheria che li porterà a confrontarsi con le proprie debolezze. Tra incontri rocamboleschi, come quello con la suora Assuntina (Teresa Saponangelo), e riflessioni sulla propria identità, i due si ritrovano in prima linea durante le decisive battaglie di Calatafimi e Corleone. Con il passare del tempo, Tricò e Spitale, tra goffi tentativi di eroismo e momenti di redenzione, si rendono conto del valore collettivo dell’impresa garibaldina, trovando un proprio modo di contribuire al sogno di un’Italia unita.
Il finale, ambientato vent’anni dopo, rivela la cruda realtà: l’unità è stata raggiunta solo sulla carta. Tricò e Spitale, ora truffatori di professione, incarnano il fallimento di un ideale che non ha saputo trasformare tutti i cittadini in protagonisti di un futuro comune.
L’abbaglio è un film ambizioso che cerca di bilanciare leggerezza e gravità, ma non sempre ci riesce. La sceneggiatura di Andò, Ugo Chiti e Massimo Gaudioso punta su una struttura narrativa che alterna momenti di commedia a scene più drammatiche, ma il mix risulta a tratti squilibrato. La parte leggera, affidata a Ficarra e Picone, manca di quella vivacità che ci si aspetterebbe: i loro personaggi sembrano trattenuti, quasi restii a far ridere. D’altro canto, le sequenze più serie, soprattutto quelle di azione, soffrono di una messa in scena poco incisiva, con battaglie che appaiono visivamente curate ma prive di tensione emotiva.
Toni Servillo, tuttavia, brilla nel ruolo di Orsini, offrendo un’interpretazione intensa e carismatica. La sua figura incarna l’idealismo garibaldino, ma anche il disincanto di chi vede un sogno infrangersi contro la realtà. Accanto a lui, Teresa Saponangelo dà profondità al personaggio di Assuntina, regalando una delle poche interpretazioni capaci di emozionare davvero.
Dal punto di vista tecnico, il film conferma il progresso del cinema italiano: le scenografie e i costumi restituiscono un’ambientazione storica credibile, mentre la fotografia valorizza i paesaggi siciliani, donando al racconto una cornice visiva suggestiva. Tuttavia, l’azione resta il punto debole: le battaglie, benché spettacolari, non riescono a coinvolgere pienamente lo spettatore.
L’abbaglio è un film che affascina per l’ambizione e il desiderio di raccontare la nostra storia con uno sguardo originale, ma che lascia insoddisfatti per la mancanza di equilibrio tra le sue componenti. Pur offrendo momenti di grande intensità grazie alla performance di Servillo, il film non riesce a mantenere una narrazione coerente e coinvolgente lungo tutta la sua durata.
Tuttavia, resta un’opera coraggiosa, capace di stimolare una riflessione sul significato dell’unità nazionale e sulle promesse mancate del Risorgimento. Per chi ama il cinema storico e le vicende garibaldine, L’abbaglio è un’esperienza da non perdere, anche solo per l’opportunità di interrogarsi sul rapporto tra idealismo e realtà.