Uno studio su oltre 300 donne suggerisce un aumento del rischio di ADHD nei nascituri
L’uso del paracetamolo in gravidanza, un farmaco comunemente raccomandato per alleviare dolore e febbre, potrebbe essere associato a un aumento del rischio di disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) nei bambini. È quanto emerge da uno studio pubblicato su Nature Mental Health e condotto da Brennan Baker dell’Università di Washington a Seattle.
L’argomento è particolarmente rilevante perché il paracetamolo è uno dei pochi antidolorifici considerati sicuri in gravidanza e spesso consigliato dai medici. Tuttavia, le nuove evidenze scientifiche suggeriscono che il suo utilizzo potrebbe non essere del tutto privo di conseguenze sullo sviluppo neurologico del feto, aprendo un dibattito sulla necessità di una maggiore prudenza nel suo impiego durante la gestazione.
Cos’è l’ADHD e perché è importante monitorarlo?
L’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività) è una condizione neurologica caratterizzata da difficoltà nel mantenere l’attenzione, impulsività e iperattività. I sintomi tipici includono difficoltà di concentrazione, incapacità di portare a termine un compito, irrequietezza e comportamenti impulsivi.
Questo disturbo è stato descritto per la prima volta agli inizi del XX secolo, ma solo negli ultimi decenni la ricerca ha permesso di definirlo con maggiore precisione. Nel 1980, l’ADHD è stato ufficialmente riconosciuto come una condizione medica nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-III), e da allora gli studi si sono moltiplicati per comprendere le sue cause e i possibili trattamenti.
L’ADHD colpisce tra il 5% e il 7% dei bambini in età scolare in tutto il mondo, con una prevalenza maggiore nei maschi rispetto alle femmine. In molti casi, i sintomi possono persistere anche nell’età adulta, influenzando la vita lavorativa e sociale delle persone colpite.
Sebbene le cause precise dell’ADHD non siano ancora del tutto chiare, la comunità scientifica concorda sul fatto che sia un disturbo multifattoriale, in cui genetica e fattori ambientali giocano un ruolo determinante. Tra i possibili fattori di rischio si annoverano l’esposizione prenatale a sostanze tossiche, la nascita prematura e squilibri nei neurotrasmettitori cerebrali.
Il legame tra paracetamolo e ADHD: cosa dice la scienza?
Negli ultimi anni, diversi studi hanno cercato di capire se vi sia una correlazione tra uso del paracetamolo in gravidanza e lo sviluppo di disturbi neurocomportamentali come l’ADHD. I risultati finora ottenuti sono stati contrastanti.
Ad esempio, una ricerca del 2019, che ha coinvolto oltre 4.700 bambini e le loro madri, ha suggerito che l’assunzione di paracetamolo in gravidanza possa aumentare il rischio di ADHD del 20%. Tuttavia, un’analisi pubblicata nel 2023 su un ampio campione di 2,5 milioni di bambini non ha riscontrato alcuna correlazione significativa.
Per approfondire ulteriormente la questione, il team di Brennan Baker ha condotto uno studio su 307 donne in gravidanza, raccogliendo campioni di sangue nel secondo trimestre per verificare la presenza di marcatori di paracetamolo. Nessuna delle partecipanti assumeva farmaci per patologie croniche o presentava complicazioni note della gravidanza, il che ha permesso di isolare meglio il possibile effetto del farmaco.
I ricercatori hanno poi seguito lo sviluppo dei loro figli fino all’età di 8-10 anni. I risultati hanno mostrato che i bambini nati da madri con tracce di paracetamolo nel sangue avevano una probabilità tripla di ricevere una diagnosi di ADHD rispetto ai bambini le cui madri non presentavano il farmaco nel sistema. Questo dato è rimasto significativo anche dopo aver considerato variabili come età materna, peso pre-gravidanza, condizioni socioeconomiche e salute mentale dei familiari più stretti.
Quali sono i possibili meccanismi alla base di questa correlazione?
Sebbene il legame tra paracetamolo e ADHD non sia ancora del tutto compreso, gli scienziati ipotizzano alcuni meccanismi attraverso cui il farmaco potrebbe influenzare lo sviluppo cerebrale del feto.
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Stress ossidativo e infiammazione cerebrale: Il paracetamolo può alterare i livelli di glutatione, un antiossidante fondamentale per proteggere il cervello dallo stress ossidativo. Un deficit di glutatione potrebbe rendere il cervello fetale più vulnerabile a danni.
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Interferenza con gli ormoni fetali: Il paracetamolo potrebbe alterare l’equilibrio degli ormoni tiroidei, essenziali per lo sviluppo neurologico. Alterazioni nella funzione tiroidea durante la gravidanza sono state associate a un maggiore rischio di ADHD nei bambini.
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Effetti sui neurotrasmettitori: Alcuni studi suggeriscono che il paracetamolo possa influenzare i livelli di dopamina e serotonina, due neurotrasmettitori chiave coinvolti nella regolazione dell’attenzione e del comportamento.
Cautela e nuove ricerche per confermare i risultati
Nonostante questi dati, gli esperti sottolineano la necessità di ulteriori studi per confermare se sia effettivamente il paracetamolo a influenzare il rischio di ADHD o se entrino in gioco altri fattori. È importante considerare che lo studio di Baker ha coinvolto un campione relativamente piccolo (307 donne) e che correlazione non significa causalità.
Al momento, il paracetamolo resta uno dei pochi antidolorifici considerati sicuri in gravidanza, e le autorità sanitarie non hanno emesso alcuna raccomandazione ufficiale per limitarne l’uso. Tuttavia, gli esperti invitano le future mamme a una maggiore cautela e a valutare con il proprio medico il rapporto rischio-beneficio prima di assumerlo.
Cosa devono sapere le future mamme?
Se sei in gravidanza e hai bisogno di un antidolorifico, la prima cosa da fare è consultare il medico. Il paracetamolo rimane un farmaco di riferimento per il trattamento della febbre e del dolore lieve o moderato, ma il suo utilizzo dovrebbe avvenire solo quando strettamente necessario e sotto supervisione medica.
La ricerca sulla relazione tra paracetamolo e ADHD è ancora in corso e, mentre alcuni studi suggeriscono un potenziale rischio, altri non hanno trovato correlazioni significative. L’importante è mantenere un approccio equilibrato: evitare l’abuso di farmaci durante la gravidanza, ma senza creare allarmismi ingiustificati.
Il futuro della ricerca ci darà risposte più chiare, ma nel frattempo, la parola d’ordine è prudenza.