Le macchie color bianco latte sulla pelle, concentrate su viso, mani, piedi, ascelle, gomiti e ginocchia, sono i segni distintivi della vitiligine. Una condizione che spesso genera angoscia in chi ne soffre, portando a sentimenti di “marchiatura”, emarginazione ed evitamento a causa di una falsa credenza che sia contagiosa. Ma la vitiligine non è contagiosa, ed è proprio per smentire queste e altre false convinzioni che il 25 giugno di ogni anno si celebra il World Vitiligo Day, la Giornata Mondiale dedicata a questa patologia dermatologica.
L’Ospedale Israelitico di Roma, uno dei principali centri italiani per la cura della vitiligine, anticiperà la ricorrenza celebrandola domenica 22 giugno con il convegno “Giornata mondiale della vitiligine – Medici e pazienti a confronto“, organizzato in collaborazione con la Clinica Dermatologica dell’Università di Roma La Sapienza. L’appuntamento è alle ore 18, presso l’Associazione Civita a Piazza Venezia.
Andrea Paro Vidolin, responsabile del Centro di Fotodermatologia e Cura della Vitiligine dell’Ospedale Israelitico, ha delineato all’Adnkronos Salute l’approccio più efficace per ricolorare la cute: un “doppio attacco” che combina la terapia della luce e il primo e unico farmaco specifico per la vitiligine, formulato in crema.
Cause e Meccanismi della Vitiligine
La vitiligine ha una prevalenza che “varia dal 2% al 5% della popolazione generale” e colpisce in modo trasversale uomini e donne, di ogni età, potendo presentarsi “anche in bambini molto piccoli”, sottolinea il dermatologo. La causa precisa non è ancora del tutto chiara, ma si ritiene che a provocarla concorrano due elementi chiave: un disturbo autoimmunitario e un fenomeno legato allo stress ossidativo.
A far comparire le chiazze bianche possono contribuire alcune concause. “Un soggetto predisposto, ad esempio, può sviluppare la vitiligine in un momento particolare della vita, magari molto stressante. Ci sono poi delle malattie associate, come la tiroidite cronica autoimmune o l’intolleranza al glutine. Esistono quindi delle condizioni che possono ‘slatentizzare’ la vitiligine”, spiega Paro Vidolin.
Il “Doppio Attacco”: La Nuova Frontiera della Cura
Per curare la vitiligine, il compito dei medici è duplice: da un lato stabilizzare la patologia, impedendo che le macchie si allarghino o ne compaiano di nuove, e dall’altro ripigmentare le chiazze esistenti.
Per la stabilizzazione, si utilizzano prevalentemente complessi di antiossidanti, sostanze naturali somministrate per bocca, che combattono lo stress ossidativo. La terapia farmacologica per la ripigmentazione, invece, si basa su prodotti topici: creme che possono essere steroidee (a base di cortisonici) o agire sul sistema immunitario per “spegnere” l’auto-attacco che aggredisce i melanociti (le “fabbriche” di melanina responsabili della colorazione cutanea).
Su questo fronte, “dall’anno scorso c’è una grossa novità: un farmaco topico a base di ruxolitinib, il primo specifico per la vitiligine, approvato in Italia dall’AIFA, negli USA dalla FDA e in Europa dall’EMA”, annuncia Paro Vidolin. Prima del via libera a questo nuovo principio attivo (un Jak-inibitore), si utilizzavano farmaci off-label, ovvero medicinali con altre indicazioni “prestati” al trattamento della vitiligine. “Oggi abbiamo un farmaco dedicato”, sottolinea lo specialista.
Tuttavia, un presidio fondamentale rimane la fototerapia UVB a banda stretta, sia con le cabine total body per le forme più estese, sia con il laser a eccimeri 308 nanometri per quelle più localizzate. La cura della luce mira a stimolare i melanociti inattivi, ripristinando il pigmento cutaneo. “Dal Vitiligo International Symposium, che si è tenuto in dicembre al Cairo, è emerso in modo chiaro che la fototerapia rimane cruciale e soprattutto si può associare al nuovo farmaco topico. L’associazione dei due trattamenti insieme viene considerata oggi l’approccio migliore” sul fronte della ripigmentazione.
Combattere lo Stigma e il Danno Psicologico
Centrare l’obiettivo della ripigmentazione solleva il paziente non solo dal peso estetico della vitiligine, ma anche da quello psicologico. “Tantissimi studi – riporta il dermatologo – indicano che questa malattia ha un enorme impatto mentale sul benessere di chi ne soffre: ansia, depressione, addirittura in alcuni contesti sociali o in alcune etnie il paziente è vittima di pregiudizi che portano a discriminazione e isolamento. Crolla l’autostima, si vive con la paura di peggiorare ed essere esclusi”.
Persiste purtroppo l’idea del “contagio”. “Ancora oggi – riferisce l’esperto – molti miei pazienti mi raccontano che ‘quando sono in metropolitana la gente mi guarda male, forse pensano che quello che ho si attacca, come avessi la lebbra, la scabbia, un’infezione'”. Ecco perché organizzare incontri come quello del 22 giugno “punta proprio a combattere questo stigma, a promuovere insieme alla comunità dei pazienti una ricerca scientifica che possa offrire loro le indicazioni terapeutiche migliori, a sostenerli sotto tutti i punti di vista”.
L’evento promosso dall’Ospedale Israelitico quest’anno cade in anticipo rispetto alla Giornata Mondiale della Vitiligine per ospitare un “VIP” della dermatologia: il presidente della International League of Dermatological Societies (ILDs), Henry Lim. “È uno dei massimi esperti mondiali di vitiligine – rimarca Paro Vidolin –. In quei giorni sarà a Roma per un grosso congresso internazionale e allora abbiamo pensato di organizzare il nostro convegno il 22 proprio per averlo noi”. Lim terrà una delle lecture previste durante la serata, che sarà aperta dai saluti delle istituzioni e vedrà la partecipazione “anche di colleghi del Policlinico Umberto I, del Policlinico Gemelli e dell’Istituto San Gallicano”. Un evento corale, dunque, per unire le forze contro la vitiligine, le fake news e i falsi miti che ancora la circondano.