Le dinamiche che permettono il salto di specie (spillover) dei virus dai pipistrelli – riconosciuti come serbatoi naturali di diversi coronavirus, inclusi antenati di SARS-CoV-2 e del virus della diarrea epidemica suina – agli animali da allevamento e all’uomo, rimangono ampiamente sconosciute.
Uno studio multidisciplinare, condotto da ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVE) e pubblicato su Plos One, ha utilizzato come caso studio gli allevamenti suinicoli del Nord Italia per indagare i rischi di trasmissione di coronavirus (CoV) tra questi due gruppi animali.
L’Interfaccia Labile: Allevamenti come Hotspot di Contagio
Il lavoro, realizzato nell’ambito del progetto europeo ‘ConVErgence’, ha applicato il paradigma ‘One Health’, combinando indagini ecologiche, di modellistica ambientale e di virologia molecolare.
Stefania Leopardi, supervisore della ricerca, ha sottolineato l’importanza del contesto: “L’interfaccia fra animali selvatici, animali domestici ed esseri umani, rappresenta un confine molto labile dove possono emergere malattie infettive a carattere epidemico”. Gli allevamenti suini, in particolare, sono visti come possibili ‘hotspot’ per la diffusione e la comparsa di varianti ricombinanti potenzialmente pericolose per gli animali o l’uomo.
L’identificazione di nuovi coronavirus e la comprensione dei fattori di rischio che favoriscono lo spillover sono quindi fondamentali per la sorveglianza e la prevenzione.
I Risultati dello Studio: Nuovi CoV e Fattori di Rischio
Presenza dei Pipistrelli negli Allevamenti
Il monitoraggio bioacustico in 14 allevamenti suinicoli del Triveneto ha permesso di identificare ben 8 specie di pipistrelli attive nelle strutture. Le specie più diffuse erano P. kuhlii, P. pipistrellus e H. savii.
L’analisi dei fattori ambientali ha rivelato che l’attività dei pipistrelli è influenzata primariamente dalle strutture aziendali in grado di attrarre insetti (la loro preda), mentre l’habitat circostante incide in misura minore sulla ricchezza delle specie. Questo suggerisce che gli allevamenti stessi agiscono da oasi in un ambiente rurale altrimenti impoverito dalla monotonia dell’agricoltura intensiva, offrendo un servizio ecosistemico di controllo degli insetti.
Identificazione di Nuovi Coronavirus
Le indagini virologiche hanno portato all’identificazione di tre nuove specie distinte di coronavirus, rilevate in P. kuhlii e H. savii. È stata osservata una circolazione attiva di CoV, specialmente in colonie di P. kuhlii situate all’interno delle aziende, con picchi di attività virale a maggio e ad agosto.
Gli esperti hanno riscontrato:
- Condivisione Virale: In alcuni casi, i CoV sembrano essere condivisi tra specie diverse di pipistrelli (P. kuhlii e H. savii), aumentando il rischio di ricombinazione genetica e potenziale emergenza di nuove varianti.
- Rischio di Esposizione Suina: Le analisi filogenetiche indicano che i suini potrebbero essere esposti ad almeno otto specie distinte di CoV, sottolineando la potenziale minaccia che l’interazione costante rappresenta.
Conclusioni: Mitigare il Rischio con la Biosicurezza
Lo studio evidenzia un paradosso: se da un lato gli allevamenti offrono un rifugio per la conservazione dei pipistrelli (che contribuiscono al controllo degli insetti), dall’altro la loro presenza è associata a un rischio potenziale di esposizione ai virus che veicolano.
Un aspetto critico rilevato è la frequente assenza di barriere fisiche negli allevamenti per impedire il contatto diretto tra i pipistrelli e i recinti dei suini, unita a un’applicazione disomogenea delle pratiche di biosicurezza.
Gli esperti concludono che rafforzare le misure di biosicurezza è fondamentale per mitigare il rischio di esposizione ai coronavirus e, più in generale, ai virus associati alla fauna selvatica, migliorando la convivenza tra le specie. Questo approccio è essenziale per la prevenzione delle malattie infettive emergenti, in linea con l’importanza della prevenzione in ogni ambito della salute che, come abbiamo visto, dalla nutrizione alla rianimazione cardiopolmonare, è l’unica strategia davvero efficace.





