Audioprotesista, presidente di Commissione d’Albo provinciale e professionista dalla mente scientifica e dal cuore umano, la Dott.ssa Rosita Pascale rappresenta una figura esemplare di come la scienza possa fondersi con la consapevolezza interiore. La sua carriera unisce rigore tecnico e sensibilità relazionale: specializzata in riabilitazione uditiva infantile e nei trattamenti avanzati per acufeni, integra nella pratica quotidiana PNL, Mindfulness e Neuroscienze Cognitive, offrendo ai pazienti non solo la possibilità di sentire meglio, ma di ascoltare in modo nuovo la propria vita.
Nel corso di questa intervista, la Dott.ssa Pascale ci accompagna in un viaggio tra etica professionale, neuropsicologia e umanità, ricordandoci che dietro ogni tecnologia, ogni suono ritrovato e ogni sorriso del paziente c’è una missione: restituire dignità, relazione e fiducia attraverso l’ascolto.
Lei integra la sua professione di Audioprotesista con discipline come la PNL e le Neuroscienze Cognitive. Da un punto di vista clinico e scientifico, come si traduce concretamente questa sinergia?
Integrare le neuroscienze cognitive e la PNL nel mio lavoro significa considerare l’ascolto non solo come una questione di decibel, ma come un’esperienza cerebrale ed emotiva complessa. Quando una persona torna a sentire, il cervello non si limita a “registrare” i suoni: deve riorganizzare l’attenzione, la memoria uditiva e i processi di interpretazione del linguaggio. Le evidenze neuroscientifiche mostrano come aree come l’insula, l’amigdala e la corteccia prefrontale siano coinvolte nella percezione del suono e nella sua valenza affettiva. Migliorare l’ascolto significa quindi stimolare anche funzioni cognitive e relazionali. In questo senso, la PNL mi aiuta a creare una comunicazione più efficace con il paziente, facilitando l’adattamento del cervello ai nuovi stimoli. Il risultato è una riabilitazione che non si limita a “sentire meglio”, ma a vivere meglio i suoni della vita.
Nell’attuale panorama, l’audioprotesista deve bilanciare la tecnologia all’avanguardia con l’esigenza di personalizzare l’assistenza. Qual è il confine etico e strategico in questo equilibrio?
L’audioprotesista non è un venditore di apparecchi acustici, ma un professionista sanitario che accompagna la persona in un percorso riabilitativo. La tecnologia è utile, ma deve essere al servizio del paziente, non il contrario. Il confine etico sta nella capacità di ascoltare i bisogni reali, senza lasciarsi guidare dalle logiche commerciali. Attraverso il counseling clinico e la valutazione personalizzata, aiuto ogni paziente a comprendere il significato del percorso che sta intraprendendo e a scegliere consapevolmente la soluzione più adatta. Personalizzare significa costruire un progetto terapeutico, non una vendita. È qui che scienza, etica e umanità si incontrano: nell’obiettivo di restituire alle persone il suono della loro vita.
Oggi l’Audioprotesista opera in un ruolo sempre più “ibrido”, a metà strada tra la rigorosa applicazione clinica della riabilitazione e la gestione di dinamiche economiche e commerciali. Come si definisce oggi il perimetro professionale del Tecnico Audioprotesista in questo contesto duale? E quali strumenti sono essenziali per mantenere l’integrità clinica pur operando in un libero mercato?
È vero, oggi l’audioprotesista si muove in uno spazio complesso: da un lato il rigore della pratica clinica e riabilitativa, dall’altro le regole di un mercato libero. Ma la distinzione fondamentale resta chiara: l’audioprotesista è un professionista sanitario, non un venditore. Il suo perimetro operativo è definito dalle normative di legge e dal Codice Deontologico, che impongono la centralità del paziente e il rispetto dei principi di appropriatezza e trasparenza. Per mantenere l’integrità clinica servono tre strumenti: formazione continua, comunicazione etica e autonomia professionale. La formazione ci permette di aggiornare le competenze scientifiche; la comunicazione etica ci distingue in un mercato dove spesso prevale la pubblicità ingannevole; l’autonomia, infine, ci consente di scegliere le soluzioni più adeguate al bisogno clinico, non alla convenienza commerciale. Solo così possiamo restare fedeli alla nostra identità sanitaria, anche dentro le dinamiche economiche di un libero mercato.
Come Presidente della Commissione d’Albo provinciale, lei è in prima linea nella promozione dell’etica professionale. Quali sono, a suo avviso, i due o tre principi fondamentali del Codice Deontologico che oggi rappresentano il baluardo più importante per la tutela del paziente e per la credibilità della categoria?
In questa fase storica, segnata da grandi cambiamenti tecnologici e da una crescente competitività, il Codice Deontologico è la nostra bussola. I principi che considero fondamentali sono tre: autonomia, responsabilità e trasparenza. L’autonomia difende la libertà professionale dell’audioprotesista e tutela il paziente da interessi commerciali che potrebbero comprometterne la cura. La responsabilità ci richiama ogni giorno alla correttezza delle nostre decisioni cliniche, all’appropriatezza degli interventi e alla tracciabilità delle procedure. La trasparenza, infine, è ciò che genera fiducia: significa spiegare, informare e accompagnare il paziente in ogni fase del percorso, con chiarezza e rispetto. Promuovere l’etica non è un compito formale, ma una missione: è ciò che permette alla nostra professione di crescere in autorevolezza e di essere riconosciuta per ciò che realmente è — una professione sanitaria che restituisce suono, relazione e dignità alla persona.
Guardando al futuro delle prestazioni audioprotesiche in Italia, si dibatte spesso sull’opportunità di introdurre un Tariffario Nazionale per le prestazioni sanitarie erogate dal Tecnico Audioprotesista. Lei è favorevole o contraria a questa ipotesi? E, al di là dell’aspetto economico, quali sarebbero secondo lei gli impatti di un simile provvedimento sulla qualità dell’assistenza, sull’equità dell’accesso alle cure e sull’evoluzione della figura professionale?
Ritengo che l’introduzione di un Tariffario Nazionale rappresenti un passo necessario per la tutela del cittadino e per la piena valorizzazione della professione. Oggi, in assenza di un riferimento economico condiviso, si crea una disparità tra territori e tra modelli organizzativi, con il rischio di ridurre la qualità dell’assistenza e di alimentare una concorrenza basata sul prezzo anziché sulla competenza. Un tariffario equo e aggiornato (così come già previsto per le altre professioni sanitarie) avrebbe tre effetti positivi: garantirebbe trasparenza nei rapporti con l’utenza, equità nell’accesso alle cure e riconoscimento del valore clinico dell’intervento audioprotesico. Significherebbe riconoscere che dietro ogni applicazione protesica c’è una prestazione sanitaria complessa, che richiede competenze scientifiche, strumenti diagnostici e responsabilità professionale. Al di là dell’aspetto economico, un tariffario nazionale è un atto di giustizia e di maturità per la nostra professione: aiuterebbe a definire con chiarezza il perimetro clinico dell’audioprotesista e a rafforzare la fiducia dei cittadini in un servizio che non è commerciale, ma sanitario, umano e scientificamente fondato.





