L’ombra del Parkinson si allunga inesorabile, ma la scienza non si arrende. Mentre la Giornata Mondiale dedicata alla malattia (11 aprile) si avvicina, un grido di speranza si leva dalla comunità scientifica. Un esercito di ricercatori è in prima linea, scrutando orizzonti terapeutici che spaziano da un potenziale vaccino a trattamenti rivoluzionari con cellule staminali, passando per nuove molecole capaci di arginare l’avanzata di questa patologia neurodegenerativa in continua crescita.
I numeri parlano chiaro e destano seria preoccupazione: dai 2 milioni di casi negli anni ’90, si è passati agli attuali 9 milioni, con una stima allarmante di 40 milioni entro il 2040. Un incremento che, sottolineano gli esperti, non è imputabile unicamente all’invecchiamento della popolazione.
L’Ambasciata d’Austria a Roma ha fatto da cornice all’evento “Voci, Esperienze e Prospettive sul Parkinson”, un’occasione preziosa per fare il punto sulle ultime frontiere della ricerca. Fabrizio Stocchi dell’IRCSS San Raffaele di Roma ha acceso i riflettori sui fattori di rischio emergenti: “Polveri sottili, diabete e prediabete sono fattori di rischio accertati. Un ruolo significativo lo gioca anche la condizione del microbiota intestinale”. Tuttavia, Stocchi ha precisato che una quota significativa di pazienti, circa il 15%, presenta una predisposizione legata a mutazioni genetiche non ereditarie.
Lo sguardo è proiettato al futuro con un obiettivo ambizioso: bloccare o rallentare la progressione della malattia. Le strategie in campo sono molteplici e promettenti: dagli anticorpi monoclonali mirati a neutralizzare la proteina ritenuta responsabile della neurodegenerazione, agli studi approfonditi su pazienti con mutazioni genetiche specifiche, aprendo la strada a terapie personalizzate. Senza dimenticare la ricerca incessante per contrastare parkinsonismi più rari ma ugualmente invalidanti come la paralisi sovranucleare progressiva e l’atrofia multisistemica.
Ma l’innovazione non si ferma alla diagnosi e alle terapie future. Per i pazienti che convivono già con la malattia in fase avanzata, emergono soluzioni concrete per migliorare la qualità della vita. “Nei pazienti in stato avanzato – spiega Stocchi – dove le fluttuazioni motorie sono più frequenti, si possono utilizzare farmaci infusi in modo continuativo attraverso device sottocute, un approccio simile a quello utilizzato per i pazienti diabetici, garantendo un effetto terapeutico più stabile ed efficace”.
Un segnale positivo in questa direzione arriva dall’azienda austriaca Ever Pharma, che ha ottenuto per prima in Italia la rimborsabilità non solo del farmaco e del dispositivo di somministrazione, ma anche del servizio infermieristico domiciliare. Un passo fondamentale verso un’accessibilità alle cure a “chilometro zero”, una delle priorità espresse con forza dai pazienti.
Antonella Moretti, Consigliere della Confederazione Parkinson Italia, sottolinea l’importanza di un approccio multidisciplinare: “La compresenza di attori diversi per la cura integrata sul Parkinson permette alle persone, dalla diagnosi in poi, di avvalersi di un’equipe interdisciplinare e di un pieno accesso ai trattamenti innovativi in base alle diverse fasi del percorso della malattia”.
In questa Giornata Mondiale, mentre si rende omaggio a James Parkinson, il medico che per primo descrisse la malattia, la comunità scientifica e i pazienti guardano avanti con una rinnovata speranza. La ricerca è in fermento, e le nuove frontiere terapeutiche offrono la promessa di un futuro meno gravoso per chi convive con il Parkinson.