Inquinamento atmosferico e Covid -19: uno studio della Fondazione Menarini si è occupato di chiarire un legame, che, per quanto se ne è a conoscenza ad oggi, potrebbe rivelarsi quantomeno preoccupante.
Lo smog, infatti, pur non essendo un vettore del virus SarsCov2 esporrebbe le persone a una criticità maggiore una volta contratto in Nuovo Coronavirus.
Chi è esposto maggiormente a un inquinamento atmosferico invasivo, come le province della zona settentrionale italiana, è evidentemente un soggetto sottoposto a uno stress respiratorio maggiore e di conseguenza, presenta un rischio maggiore di ammalarsi gravemente.
Come è noto, il virus SarsCov2, secondo quanto dimostrato fino a ora, si trasmette attraverso particelle infettive che, quindi, poco hanno in comune con l’inquinamento dell’aria.
Ciononostante, lo smog, indebolendo l’organismo, lo rende più fragile e più esposto al rischio contagio.
È giunta, comunque, la smentita in merito al ruolo del particolato atmosferico come vettore del virus poiché il particolato, sì può trasportare batteri, pollini e spore così come virus, ma, senza mantenere le caratteristiche infettive a causa di fattori esterni come i raggi UV e la temperatura.
Questa la ragione per la quale non esiste, in scienza, un legame tra particolato e fluttuazione del virus.
L’epidemia fluttua attraverso le persone e non attraverso lo smog, ma l’esposizione all’inquinamento dell’aria e la densità abitativa sono due fattori determinanti nell’impennata dei contagi.
Non a caso, il distanziamento avvenuto durante il lockdown si è rivelato efficace come risposta scientifica alla diffusione della pandemia da Nuovo Coronavirus, incidendo fortemente sul contatto tra le persone e di conseguenza riducendo il rischio di contrarre l’infezione Covid-19.
Si continua a studiare sul legame tra smog e virus perché se ne possa arginare in maniera incisiva la fluttuazione e tutelare la salute dei cittadini.
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