Società e Cultura

Ora et crea. Il design “interiore” di Sara Ricciardi

La designer Sara Ricciardi, milanese d’adozione e beneventana di nascita, ci aiuta in una riflessione sugli ambienti in cui si muovono i corpi, ambienti pensati per il benessere della persona.

Ha presentato, su invito, due capsule per due importanti appuntamenti, il Festival Material di Catanzaro ed Edit Napoli.

Il benessere non è soltanto un concetto ma un vero progetto di lavoro per Lei. Ha definito in una intervista il corpo come tempio e rituale, che cosa intende?

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Sara Ricciardi: Il corpo ci consente di percepire i “fenomeni” – ovvero è il nostro grande veicolo per la realtà. Ci tiene connessi, canali tra terra e cielo. Quando ho scoperto di avere un corpo, qualche anno fa, è come se fossi rinata. Certo, sappiamo di averne uno ma esserne consapevoli davvero è un’altra cosa. Sentirlo, esercitarci nel suo ascolto è materia preziosa. Progetto spesso strumenti di stimolazione corporea come ad esempio con le collezioni ORA, o Carezze meccaniche, perché amo avere degli oggetti che sussurrino al mio corpo, che lo tocchino, che lo facciano vibrare. Che mi tengano nell’esercizio continuo dell’ascolto. Nel tempo lento dello stare. Arrivano tutti da pratiche sperimentate nei seminari dedicati al corpo come quelli di Danza Butoh o del teatro-danza di Pina Bausch. Sentirsi, quanta bellezza e quanta complessità ma è lì che si annida il benessere.

Lei si occupa di progettare prodotti per aziende ma anche pezzi unici per gallerie.

Che differenza trova tra progettare in serie e creare un’opera unica?

Sara Ricciardi: Sono dinamiche molto diverse – in ogni progetto poi c’è una incidenza di molteplici fattori. Budget – tempo – concept – territorio – know-how etc etc.

Ad oggi però ho sempre progettato solo piccole serie o pezzi unici. Non ho ancora mai avuto l’occasione di sperimentare le grandi produzioni.

Ma amo molto lavorare con l’eccellenza italiana, con materiali di qualità elevata e di maestrie così incredibili. Ovviamente questi fattori portano ad un certo “lusso” – poiché i costi di produzione in questo modo lievitano ma penso anche che produrre di meno e acquistare di meno ma con più valore possa essere anche una gran bella storia da perseguire in questo momento storico.

Qual è la sua materia prediletta? Ovvero con quali materiali preferisce lavorare o con i quali si trova maggiormente a suo agio?

Sara Ricciardi: Ho una grande affinità con i metalli. Mi ammaliano. Mi sembra di mettere insieme con loro le parole “rigore” e “fusa” – una disciplina sinuosa. Sono stati per me grandi insegnanti del rapporto di tango tra pieno e vuoto. È con il metallo che ho iniziato a conquistare una certa ricerca formale. E dunque gli sono grata. Oggi ad esempio nella mia evoluzione di designer sento la voglia di abbandonarmi di più alla forma organica, con materiali come l’argilla ad esempio, per autorizzarmi ora a “strabordare”, però i metalli, confesso, restano sempre il mio primo grande amore.

Ha detto che Gianni Rodari e Bruno Munari sono stati dei punti di riferimento per le Sue creazioni. Il linguaggio ha per lei una sua sacralità?

Sara Ricciardi: Il linguaggio per me è il primo passo. E’ la formula magica che attiva la ricerca materica. Per me nasce prima una storia e poi un oggetto o uno spazio. Dunque è quello il mio primo campo di esplorazione. La mia metodologia, che devo esercitare continuamente, scodinzola quando sente i nomi di Rodari e Munari, perché loro ti ricordano di restare curioso ed esploratore, ti insegnano ad allargare le parole, a prenderle a lazzo, a galoppargli dietro, a sotterrarne alcune, a giocare con altre e tenere con loro saldo un rapporto di seduzione che ogni volta creerà una diversa magia di contenuto.  La forma segue la poesia.

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