Portulaca: pianta disintossicante
La Portulaca è una pianta che cresce spontaneamente nelle nostre zone verdi.
La famiglia botanica di appartenenza è quella delle Portulacaceae, in Italia prende alcuni nomi regionali come la porcacchia nella zona laziale, la porcellana o erba grassa in Lombardia oppure la chiaccunella in Campania.
Nel dettaglio, è commestibile, la portulaca oleracea, che può essere consumata cruda nelle insalate.
La portulaca risulta ricca di acidi grassi polinsaturi di tipo Omega 3, ed è considerata una fonte vegetale fondamentale per regolarizzarne il fabbisogno.
Questa pianta può essere consumata con effetti benefici, per chi soffre di ipertensione, insufficienza renale, insufficienza cardiaca.
Nella tradizione medica cinese, la portulaca viene utilizzata nelle tisane come sollievo contro dolori allo stomaco e al fegato.
Sui benefici che questa pianta apporta ai reni e al fegato, c’è una ricerca pubblicata dalla rivista Phytomedicine che ne attesta il valore medicinale antiossidante, antinfiammatorio “e la fibra alimentare insolubile di portulaca ha buone proprietà leganti agli ioni metallici , potrebbero essere buoni metodi per la terapia della biotossicità indotta da Cadmio.”
Il cadmio è un metallo pernicioso rappresentativo, che ha un’elevata tossicità biologica.
Lo studio ha dimostrato che gli effetti antagonisti-Cadmio di Portulaca potrebbero essere mediati tramite antiossidante, regolazione della microecologia intestinale.
“Pertanto, il nostro studio fornisce una nuova visione di Portulaca come un alimento promettente per la biotossicità anti-Cd”
Il cadmio (il cui simbolo chimico è Cd) è un metallo bianco argenteo e malleabile presente in tracce nella crosta terrestre, nell’aria e nell’acqua.
Il suo nome deriva da quello della città di Cadmo, vicina a Tebe, dove veniva estratto nell’antichità.
Il cadmio viene rilasciato nel suolo, nell’acqua e nell’aria da fonti naturali ma, soprattutto, in seguito alle lavorazioni industriali quali l’estrazione, la raffinazione e la lavorazione di metalli non ferrosi, la produzione di batterie e vernici, la produzione e l’applicazione di fertilizzanti artificiali a base di fosfati, l’uso di combustibili fossili (come carbone e petrolio), l’incenerimento e lo smaltimento dei rifiuti.
La popolazione generale, così come scrive l’ISS, Istituto Superiore di Sanità, può essere esposta al cadmio attraverso: cibo e acqua potabile contaminati, fumo attivo e passivo di sigaretta, le foglie di tabacco, infatti, accumulano il cadmio dal suolo inalazione di polvere e fumi, soprattutto per le persone che vivono vicino a industrie che lavorano o emettono cadmio
Gli alimenti rappresentano oltre il 90% dell’esposizione umana al cadmio poiché entra nella catena alimentare attraverso terreni agricoli e fonti d’acqua contaminate, soprattutto nelle vicinanze di alcune industrie.
In generale, verdure a foglia larga come lattuga e spinaci, ma anche patate e cereali, arachidi, semi di soia e semi di girasole contengono alti livelli di cadmio.
L’esposizione professionale al cadmio si verifica, invece, principalmente durante i processi industriali che implicano il riscaldamento di materiali contenenti cadmio come la fusione, la placcatura elettrolitica, la produzione di batterie o la produzione e uso di pigmenti.
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