Società e Cultura

Dove nasce la ribellione. Lo studio

La ribellione non conosce età e viene espressa in gruppo contro ciò che percepiamo come ingiustizia.

A suggerire questo tipo di interpretazione della ribellione è uno studio apparso su Proceedings of the Royal Society B, il quale sfata il mito dei “giovani criminali” delineando, invece, un altro campo di azione per la ribellione.

“Lo studio ha utilizzato un videogioco per incitare alla violenza collettiva virtuale in gruppi di partecipanti e ha mostrato che i dati demografici, tra cui età, opinione politica e sesso, non prevedevano chi aveva maggiori probabilità di diventare aggressivo.

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Piuttosto, la sensazione che la propria squadra fosse costantemente trattata ingiustamente rispetto a un’altra squadra ha portato all’aggressione collettiva”, o ciò che possiamo definire una ribellione.

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Lo studio è stato condotto da un punto di vista della psiche e su basi sociologiche e aveva l’obiettivo di stabilire quando inizia una ribellione.

Scrivono gli autori sulla rivista Pnas: “Per iniziare a testare come i gruppi diventano violenti, Richardson e colleghi hanno progettato un gioco chiamato Parklife, in cui due squadre avversarie, di dimensioni variabili da 2 a 12 giocatori, si sedevano attorno a un tavolo e gareggiavano per costruire parchi virtuali, entrambi visualizzati a lato -a fianco su un grande schermo”. 

Le regole di Parklife sono semplici: “ogni giocatore preme un pulsante sul proprio smartphone per accumulare punti per costruire aiuole e panchine nel parco della propria squadra.

 In alternativa, i giocatori possono premere un interruttore sul proprio telefono in modo che premendo lo stesso pulsante si smetta di assegnare punti alla propria squadra e si aggiungano invece “punti vandalismo” al parco della squadra avversaria (quattro unità di vandalismo distruggono il parco dell’altra squadra)”.

“Attaccare l’altra squadra è irrazionale, stai perdendo tempo quando potresti costruire il tuo parco”, spiega Richardson. 

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In alcune prove i ricercatori hanno cambiato segretamente il gioco in modo che un gruppo dovesse lavorare il doppio dell’altro per guadagnare punti per costruire aiuole e panchine.

In modo affidabile, in 19 sessioni sperimentali e 171 partecipanti, i giocatori svantaggiati hanno notato rapidamente l’ingiustizia e hanno risposto attaccando l’altro gruppo invece di lavorare il doppio. 

Lo studio, quindi, suggerisce come la ribellione nasca da un profondo senso di frustrazione collettiva, e cioè, condivisa.

Non basta che una sola persona venga trattata ingiustamente.

È solo quando le persone condividono un’identità sociale, si sentono legate alla storia di quel gruppo e poi vedono una tendenza all’ingiustizia rispetto ad altri gruppi che le rivolte sembrano innescarsi.

 

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