Paleo dieta: il ritorno del “buon selvaggio”
La paleo dieta, o anche la dieta della preistoria sembra sia molto di moda, conosce altresì altre varianti come la dieta pegan, una commistione di elementi paleo e dieta vegana.
La paleo dieta nuova e curiosa, gode di buona fama, anche grazie a qualche celebrities, ma la Scienza ci consiglia di non eccedere con le proteine e mantenere, anche nella paleo dieta, una buona diversità di alimenti con un accurato riguardo verso la quantità di verdure giornaliere.
La paleo dieta si presenta come la dieta dei cavernicoli, i nostri antenati primitivi dei quali, purtroppo però, non abbiamo ricevuto in eredità nessuna ricetta ma soltanto graffiti sull’attività della caccia.
Se, quindi, dovremmo pensarla alla “primitiva” potremmo fare un’azione deduttiva e poter pensare che senz’altro la tavola di un primitivo presentasse molti alimenti vegetali ma, nessun prodotto caseario, così come zucchero o latte.
Possiamo evincere ancora, dal sistema – vita paleolitico e la sua economia, che parlare di paleo dieta equivale a tener presente diverse tipologie di diete alimentari che si differenziavano in base alla regione di provenienza.
Un uomo primitivo delle aree tropicali è certo che avesse abitudini alimentari diverse rispetto alle comunità continentali.
Così come interpretata oggi, la paleo dieta prevede un ingente consumo di proteine animali e una scarsa attenzione ai livelli di attività fisica, molto alti nell’era preistorica.
Se interpretiamo la paleo dieta come attenzione (esclusione) a cibi industriali, precotti e dolciumi industriali, la ricerca scientifica non alza i livelli di guardia.
Se però al contrario, si eccede nel carico proteico senza badare al giusto apporto di verdure e senza differenziare la nostra dieta, allora ecco, che i ricercatori ci indicano possibili complicazioni per intestino e livelli di colesterolo.
Una ricerca pubblicata da Nature Communications ha studiato ricchezza microbica e biodiversità di una comunità della Tanzania, gli Hadza rispetto ai controlli urbani italiani, rilevando una grande ricchezza nella alimentazione Hadza di carne, miele, tuberi, bacche, semi e frutti del baobab.
Un regime quasi vegetariano in cui il 70% dell’introito energetico quotidiano derivava da fonti vegetali, mentre la carne costituiva soltanto una quota minoritaria del bilancio.
Cos’ha in comune l’alimentazione Hadza con le moderne paleo-diete?
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