L’emicrania se trattata anche agendo sui cambiamenti dello stile di vita può avere un decorso favorevole.
Un recente studio, infatti, riporta un miglioramento dei sintomi dell’emicrania durante il lockdown del COVID-19 nei Paesi Bassi.
I risultati, così come riportati dalla rivista Nature Review Neurology, suggeriscono che i cambiamenti nello stile di vita possono alterare sostanzialmente il decorso dell’emicrania, aprendo la porta a un maggiore utilizzo di interventi comportamentali insieme alle terapie farmacologiche esistenti.
Il lockdown causato dalla pandemia Covid -19 ha decisamente alterato sia le pratiche cliniche che la vita quotidiana dei pazienti.
Il lavoro dei pazienti è cambiato sostanzialmente.
La riduzione delle terapie ospedaliere, annullate o modificate e l’introduzione di nuovi approcci, come servizi di telemedicina e diari elettronici, hanno determinato un cambio di approccio.
Sono diversi gli studi che hanno studiato l’influenza del blocco sul comportamento e le abitudini degli individui con emicrania e hanno esplorato i modi in cui le nuove circostanze hanno alterato l’esposizione ai tipici fattori scatenanti dell’emicrania e ai comportamenti che l’aggravano.
“È interessante notare che i risultati di un recente studio di Verhagen suggeriscono che, in qualche modo, il cambiamento di stile di vita causato dalla pandemia sia stata vantaggiosa per gli individui con emicrania”.
Scrivono sullo studio Licia Grazzi e Paul Rizzoli .
Nella ricerca condotta si è utilizzato un diario elettronico per raccogliere dati da 592 pazienti con emicrania trattati in un centro per il mal di testa nei Paesi Bassi.
Il 12 marzo 2020 nei Paesi Bassi è stato adottato un cosiddetto “blocco intelligente“, che impedisce le riunioni e consente solo attività all’aperto limitate e socialmente distanti.
Ulteriori restrizioni, inclusa la chiusura di scuole, club sportivi e ristoranti, sono state introdotte il 15 marzo 2020.
Lo studio ha analizzato le voci del diario elettronico dei partecipanti da 28 giorni di riferimento e i primi 28 giorni di blocco scoprendo, forse sorprendentemente, una diminuzione del numero di giorni di emicrania e di giorni di assunzione acuta di farmaci e un aumento del benessere generale durante il primo mese di blocco rispetto al mese precedente.
Lo studio sugli effetti del blocco sull’emicrania ha suggerito che, nonostante i numerosi effetti negativi della pandemia, il lavoro a domicilio flessibile, la riduzione delle esigenze sociali e una maggiore libertà di programmazione avevano portato a una riduzione della frequenza, dell’intensità e della disabilità della malattia.
Sebbene speculativa, questa spiegazione suggerisce che una maggiore considerazione dell’impatto del lavoro e delle richieste sociali sull’attività dell’emicrania sarebbe vantaggiosa sia dal punto di vista clinico che terapeutico.
“Le modifiche allo stile di vita derivanti dal blocco hanno avuto un effetto importante”
La patologia è considerata una malattia ad alto impatto con un onere sostanziale, che la rende un importante problema di salute pubblica.
“Dovremmo agire in base a queste prove facendo pieno uso di interventi comportamentali”
“In conclusione, le prove raccolte durante la pandemia COVID-19 hanno dimostrato che il cambiamento comportamentale può essere utilizzato per gestire l’emicrania. Dovremmo agire in base a questa evidenza facendo pieno uso di interventi comportamentali per massimizzare l’effetto del trattamento farmacologico e ottenere i migliori risultati possibili per i nostri pazienti”.
Leggi anche: Emicrania quel dolore al femminile di poca importanza