Cinema e Serie

“Io Capitano” di Matteo Garrone. Recensione

Il migliore dei mondi non è possibile.

“Io Capitano” il film di Matteo Garrone narra la traversata dei mondi impossibili che popolano quel tratto di terra tra Dakar e la Sicilia.

I protagonisti del film “Io Capitano”, Seydou e Moussa sono due cugini senegalesi con la passione per la musica che inseguono “il sogno europeo” del successo discografico.

Un sogno che costa rinunce e sacrifici, una scommessa sulla propria vita e una somma di verdoni che pesa sulle loro teste.

Un’ingenuità favolistica caratterizza i nostri personaggi appena adolescenti di sedici anni, ma il racconto filmico non somiglia a nessuna favola vista o raccontata.

Io Capitano

I due ragazzi di “Io Capitano” varcano le soglie del pensabile possibile perché la tortura, il carcere, la Mafia, la tratta degli uomini, la morte, permeano un racconto di corruzione e crudeltà, in un crescendo emotivo che accompagnerà la visione per tutta la sua durata.

Matteo Garrone con “Ospiti” (Guests) film del 1998, già si confrontava con l’universo dei migranti del mare, narrava, infatti, le sorti di due ragazzi albanesi sbarcati in una Roma d’agosto, semideserta.

Tema caro all’autore che torna, con “Io Capitano” a rileggere la storia politica e la politica internazionale, del loro peso sulle vite di donne e uomini, costretti alla schiavitù e alla de-personalizzazione da un’economia impietosa che non lascia loro possibilità reali di una vita dignitosa, e quell’influenza del Web e dei Social, capaci di edulcorare e far sperare la vita di chi è lontano spettatore di un Occidente simpatico e opulento.

Io Capitano

“Tutto quello che vedete dell’Europa, non è vero” ammonisce nella lontana Dakar un fabbro, e quel che è viaggio verso il sogno, si macchia di un’ombra, l’ombra della paura e della sconfitta, ma sono sentimenti che mal si addicono a due adolescenti sognatori, che infatti, partono nonostante tutto.

Questi ragazzi dei due mondi ben rappresentano l’invulnerabilità dell’adolescenza, e personificano in modo simbolico, un desiderio di riscatto e di emancipazione del Sud di un mondo che rimane all’ombra, timido spettatore dei clamori – spesso insulsi- di un Occidente ricco  e avaro.

Il cinema, allora, con la voce di “Io Capitano” si proietta in una sua nuova forma, cinema civile ed esistenziale, cinema politico e cinema cronachistico.

“Io Capitano” è un film nuovo, da vedere, crudo, lontano dai sensazionalismi della cronaca e animati da uno spirito di fraterna solidarietà.

Emiliana Chiarolanza

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