Il consumo di pesce (o molluschi, o crostacei), almeno 2 volte alla settimana, si associa a riduzione della mortalità per tutte le cause e della mortalità cardiovascolare (infarto miocardico e ictus).
In una intervista a Licia Iacoviello, la rivista Nutrition Foundation of Italy chiarisce alcuni punti rispetto al consumo di pesce e l’adesione degli italiani alla dieta mediterranea.
Uno studio Molisani ha dimostrato che, dopo il 2007, l’adesione alla dieta mediterranea si è quasi dimezzata, passando dal 31 al 18% nella popolazione monitorata.
“Nel caso del consumo di pesce, in questi stessi anni le percentuali di consumo si sono ridotte dal 62,1 al 57,8% (media quotidiana 43,8 grammi contro i precedenti 46,6).
Sembrano numeri modesti, ma la tendenza è chiara, soprattutto nelle età più giovani, come confermato anche nello studio INHES (Italian Nutrition & Health Survey), si attenua soltanto dopo i 40 anni, età in cui probabilmente la consapevolezza sul rapporto tra alimentazione e salute è maggiore”.
Le linee guida LARN individuano nei 150 g di prodotto la porzione corretta di pesce (molluschi/crostacei) fresco o surgelato.
In altre parole, il consumo di pesce dovrebbe coprire ogni settimana almeno le due (e fino a 3) volte.
Non tutte le specie ittiche hanno la stessa composizione.
In generale comunque si può affermare che pesci, molluschi, crostacei forniscono proteine, ma anche vitamine: A, D, B1, B2, B12, PP (o niacina).
Con 150 g si copre il fabbisogno quotidiano di iodio e selenio.
Frutti di mare e molluschi (cozze e ostriche soprattutto) forniscono fino a 3-6mg/100 g di ferro facilmente assorbibile.
Presente in buone quantità è anche il calcio.
Ma i nutrienti senz’altro più noti associati al consumo di pesce sono gli acidi grassi omega-3, EPA (eicosapentaenoico) e DHA (docosaesaenoico), ai quali possiamo attribuire gran parte delle valenze nutrizionali positive di questo alimento: “riequilibrio della lipidemia, una certa azione antiaggregante piastrinica, effetto antiaritmico e una generale riduzione dell’infiammazione sistemica di basso grado, fattore di rischio ben noto di malattie metaboliche (diabete), cardiovascolari e di tumori”.
È necessario, però, effettuare un distinguo tra i grandi pesci carnivori (spada, squalo, tonni di grossa taglia) che accumulano più mercurio e quelli più piccoli, di cui si nutrono.
“Il mercurio, però, è un contaminante ineliminabile, perché è presente in tutte le rocce vulcaniche e viene rilasciato nelle acque di tutti i mari e gli oceani.
Per questo, soprattutto nei bambini e nelle donne in gravidanza e allattamento è bene non superare una porzione a settimana di pesce di maggior taglia (il tonno utilizzato per le conserve, va detto, proviene invece da una varietà che non raggiunge mai grandi dimensioni) e preferire pesce azzurro, o molluschi/crostacei”.
L’acquacoltura, a differenza di quanto l’opinione pubblica spesso crede, è garante di una materia prima di qualità, controllata dal punto di vista batteriologico, chimico e biologico. “Inoltre, ricordo che l’Europa può contare su una normativa e controlli molto stringenti per quanto riguarda la sicurezza alimentare” conclude la Iacoviello.
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