Sospensione psicofarmaci graduale e monitorata
La sospensione di una cura a base di psicofarmaci è probabilmente la parte più spinosa e complessa della terapia.
Una cura interrotta male espone a una estrema fragilità del paziente che può ricadere in stati psicologici che ha combattuto con l’ausilio dei farmaci, stati depressivi, stati psicotici.
Quanto più lungo è stato un trattamento, tanto è più delicato il percorso da seguire per sospendere il farmaco.
Mark Horowitz e David Taylor in un lavoro pubblicato su The Lancet Psychiatry propongono di ridurre il trattamento con SSRI in modo lento, come le benzodiazepine che vengono solitamente sospese dopo un periodo di uso prolungato.
Mark Horowitz e David Taylor propongono una riduzione dell’antidepressivo a intervalli fissi nel rispetto dell’effetto biologico atteso.
Gli antidepressivi così come le benzodiazepine se interrotti bruscamente possono presentare una serie di disturbi d’astinenza, tra i conclamati, insonnia, incubi, ansia, attacchi di panico, tensione muscolare.
Ciò si verifica perché, così come accade ad esempio per le benzodiazepine, viene a mancare l’effetto inibitorio del farmaco con una conseguente eccitabilità del sistema nervoso.
Parlare col proprio medico è la regola fondamentale, sospendere uno psicofarmaco è un percorso guidato che non può essere lasciato al caso.
La sospensione va concordata col medico che può, soltanto mediante discorso, capire le necessità che spingono il paziente a voler avviare una sospensione del farmaco.
In molti casi è possibile, laddove gli effetti collaterali siano invasivi, cambiare il tipo di farmaco.
Quella con lo psichiatra è un’alleanza necessaria per monitorare l’andamento della patologia e modulare i dosaggi del farmaco in piena serenità e consapevolezza.
Leggi anche: Chi ha paura del bugiardino e della cura