L’arte della felicità potrebbe essere un modo per esprimere la libera espressione del benessere delle persone e il paradosso che questa non dipenda dall’espansione del Pil di un Paese.
Il paradosso di quella che potremmo chiamare l’arte della felicità è ciò che emerge da un’analisi pubblicata dalla rivista Pnas, e se è vero, scrive la ricerca, che la felicità varia direttamente col reddito, è pur vero che questa non aumenta con l’aumentare del reddito di un Paese.
A fare la differenza per l’arte della felicità, è la generosità dei programmi sociali dello Stato.
L’arte della felicità non segue il passo dell’economia di un Paese ma con lo stato di salute del suo Welfare, lo stato sociale.
La protezione sociale e i programmi sociali sono fattori determinanti nella crescita della felicità, un benessere condiviso e collettivo.
Secondo lo studio citato, l’arte della felicità o comunque un benessere diffuso della società, può essere misurato attraverso alcune micro-categorie quali: la soddisfazione di vita, la soddisfazione finanziaria.
Ciò che emerge chiaramente è che il benessere dei cittadini sia direttamente collegato alla salute dello stato sociale, il Welfare.
Saranno i sistemi di ammortizzatori sociali, tutela pensionistica e servizio sanitario garantito a dare forma a quella dell’arte della felicità.
Welfare e condizioni politiche di un Paese agiscono in concomitanza sul benessere di un popolo.
La ricerca considera l’esempio del Sud Africa: “Quando vi fu stabilita la democrazia. Nel maggio 1994, un mese dopo le prime elezioni democratiche del paese, è stato condotto un sondaggio che includeva domande sia sulla felicità che sulla soddisfazione della vita”.
Si nota come le misure del benessere dei cittadini autoctoni sia aumentato vertiginosamente al momento delle elezioni.
In parole povere, seppur la felicità sia un sentimento individuale e legato a una serie di condizioni personali, è possibile affermare che esiste una felicità collettiva, un modo sereno di vivere che favorisce anche la soddisfazione personale.
Lo Stato può farsi carico di quest’obiettivo? Quello di rendere i propri cittadini felici?
È una buona domanda in tempi di campagna elettorale.